La Corte di Giustizia Europea si è espressa in merito alla definizione di “archivio di dati personali”, fornendo un chiarimento fondamentale per la definizione stessa, che nonostante si basi sulla Direttiva 95/46, anziché sul GDPR, ha valenza anche per quest’ultimo, visto che riprende la nozione di “archivio” dalla Direttiva stessa.
E’ fondamentale osservare che questa sentenza è la prima (della corte di Giustizia) che chiarisce cosa si debba intendere con la definizione di “archivio di dati personali”.
Nella sentenza si legge: “Archivio di dati personali, altresì definito semplicemente “archivio”, un qualsiasi insieme strutturato di dati personali accessibili, secondo criteri determinati, indipendentemente dal fatto che tale insieme sia centralizzato, decentralizzato o ripartito in modo funzionale o geografico”.
La definizione di “archivio”, secondo l’art.2, lettera c), della direttiva 95/46 include l’insieme di dati personali raccolti nell’ambito di un’attività di predicazione porta a porta, contenente nomi, indirizzi e altre informazioni riguardanti le persone contattate porta a porta, allorché tali dati sono strutturati secondo criteri specifici che consentono, in pratica, di recuperarli facilmente per un successivo impiego. Affinché suddetto insieme rientri in tale nozione, non è necessario che esso comprenda schedari, elenchi specifici o altri sistemi di ricerca”.
In sostanza, finora si era considerato archivio solo ciò che rientrava in una catalogazione in sistemi automatizzati, sofisticati, similmente agli archivi digitali, limitando l’applicazione della normativa solo a quelle tipologie di sistemi, e non tenendo in considerazione gli archivi cartacei.
La sentenza della Corte di Giustizia Europea sarebbe però da considerarsi pre-GDPR, in quanto riguarda la Direttiva 95/46, e non il GDPR stesso, che nell’art 4 definisce il termine “archivio”. Tuttavia, nel GDPR la definizione non è affatto chiarissima, come si evince dal testo: “Archivio: qualsiasi insieme strutturato di dati personali accessibili secondo criteri determinati, indipendentemente dal fatto che tale insieme sia centralizzato, decentralizzato, o ripartito in modo funzionale o geografico”.
La parte affatto chiara riguarda pertanto i criteri determinati da utilizzare per accedere all’archivio, non chiarendo le caratteristiche che devono avere questi criteri, tanto che in passato numerose corti europee hanno appunto considerato archivi solo quelli comparabili ai digitali, escludendo i cartacei.
Nell’ultima sentenza, la Corte di Giustizia Europea va pertanto nella direzione opposta, includendo nella definizione di archivio anche quelle raccolte non automatizzate, cartacee, atte a raccogliere in modo organizzato i dati personali utilmente ad una successiva consultazione ed impiego dei dati stessi.
E’ pertanto un chiarimento fondamentale anche in riferimento alla denominazione di “archivio” del GDPR, che nella sua dichiarazione non risolve problemi interpretativi della definizione stessa.